Per ogni attività imprenditoriale, l’acquisizione di nuovi clienti rappresenta un costo elevato. E’ solo nel tempo che i costi vengono ammortizzati, grazie all’aumento dei volumi degli acquisti e alla progressiva diminuzione dei costi.

A sostegno questo principio troviamo la nota ricerca effettuata dalla Harvard Business School, secondo la quale un aumento percentuale pari anche solo 5% del tasso di retention può determinare un aumento dei ricavi fino al 95%. I dati dimostrano inoltre come il cliente fidelizzato aumenti in maniera esponenziale la sua propensione al nuovo acquisto. Nel corso del tempo la ricerca si è arricchita – e confermata – con l’analisi dei fenomeni connessi all’avvento degli strumenti digitali.

Di conseguenza, sempre maggiore importanza ha assunto il retention marketing, l’indicatore che permette di misurare i profitti prevedibili in base alla relazione con i clienti, a partire dal loro comportamento d’acquisto. A tutto questo si aggiunge la suggestione fornita di recente dal “guru” del marketing Seth Godin, secondo la quale oggi non sarebbe più il prodotto a fare la differenza, ma le storie che lo accompagnano.

customer loyalty

Se ne conclude che all’interno del mercato si sta delineando il fenomeno per cui la vera redditività dipenderà sempre più dalla relazione tra venditore e cliente. Ma come è possibile gestire, quantificare, migliorare qualcosa di così personale e intimo come la relazione?

Quando cambiano valori, riferimenti e strategie, occorre porre grande attenzione alle azioni che intendiamo intraprendere: l’obiettivo è migliorare la redditività… evitando gli scivoloni!

Ne parliamo con Davide Cavalieri, fondatore di Cavalieri Retail, una società di ricerche marketing che con un gruppo di professionisti conduce lavoro di ricerca, consulenza e formazione nelle aziende che si occupano di distribuzione.

Perché è così importante il processo di fidelizzazione del cliente?

Oggi è più importante mantenere un cliente che trovarne uno nuovo. In primo luogo perché il cliente acquisito, che già ti conosce, significa minori costi. In secondo luogo perchè trovare un nuovo cliente è estremamente complesso, a causa di un’offerta esasperata di prodotti, di assortimento e di modi per acquistare. Oggi perdere un cliente è un dramma pazzesco.

E’ possibile, già in fase di acquisizione di nuovi clienti, mettere in atto strategie rivolte alla successiva fidelizzazione?

Si. Intanto bisogna essere molto bravi a stupire il cliente. Fare in modo di superare le sue aspettative, fargli dire: “Caspita, questi sono veramente diversi dagli altri!”. E oggi bisogna dire che questo è fattibile, perché non è che sia in giro tutta questa capacità di conquistare. Quindi, da una parte il lato relazionale e la capacità di stupire, dall’altra la creazione, attraverso una serie di promozioni, dello stimolo a fare il secondo acquisto. Proporre cose coerenti con la prima scelta fatta, suggerire qualcosa che magari è stata vista, piaceva, ma non è stata acquistata. Se mandiamo una promo dedicata a quel cliente per quella specifica cosa, ecco che aumenta l’interesse.

In che misura distribuire tempo e risorse tra acquisizione di nuovi clienti e fidelizzazione di quelli acquisiti?

Venti/ottanta!

Attraverso quali azioni e strategie si definisce il processo di fidelizzazione del cliente? Qualche esempio pratico di azione mirata alla fidelizzazione.

Intanto bisogna clusterizzare, avere ben chiaro come vanno segmentati i clienti, non si può fare una azione di fidelizzazione randomizzata, anzi, potrebbe essere peggio.

La fidelizzazione fatta male può trasformarsi in fattore di accelerazione per l’uscita del cliente dal proprio entourage. È molto importante avere una segmentazione della clientela fatta in modo raffinato e strutturata in maniera definita. Alcune aziende sono in grado, attraverso la Carta Fedeltà, di analizzare costantemente gli acquisti. Così, ad esempio, se fai acquisti on line, ti viene regalato un prodotto che dall’analisi dei tuoi comportamenti, potrebbe piacerti. Questo colpisce molto il cliente, che ne rimane stupito. La situazione è del tipo: sai che mi piace lo yogurt con i cereali, esce un nuovo tipo di cereale particolare, mi regali una confezione per sperimentarlo. Questo è apprezzatissimo. La capacità di creare le promo in maniera mirata sarà sempre più accompagnata e agevolata dall’intelligenza artificiale, in grado di analizzare i comportamenti e addirittura il linguaggio. Oggi il sistema riesce a “leggere” termini e aggettivi che l’utente utilizza in maniera più frequente, magari mentre utilizza i social, e si rivolge a lui utilizzando le sue stesse parole.

Fidelizzare i clienti è un risultato importante, ma come si mantiene e si cura il rapporto di fiducia nel tempo?

Intanto non tradendo le aspettative. Uno degli errori frequenti è dare per scontato il proprio cliente, assumere un atteggiamento che finisce per diventare superficiale. Un po’ come in un rapporto di coppia: siccome la situazione è stabile, non si curano più i particolari. Invece bisogna sempre essere attenti a mettere quel “qualcosa in più” che alzi il livello di attenzione. Sicuramente è molto difficile trattenere i propri clienti.

Possiamo sostenere che siamo passati dal marketing al servizio dell’azienda al marketing al servizio del consumatore? E’ finita l’era della persuasione e delle strategie invasive?

In realtà è cambiato il linguaggio, ma non è finita, nel senso che oggi si assiste sempre di più all’incremento di una capacità sofisticata di leggere i comportamenti. Dipende qual è il confine tra persuasione e coinvolgimento. Ne parlo in un capitolo del mio libro[1], affrontando proprio il passaggio tra persuasione occulta e capacità di conquistare per influenzare. Si ragiona sulla differenza tra essere influenti in una logica positiva e “corrompere”.

In generale, quanto contano l’autenticità, l’etica e il racconto dell’anima aziendale nel processo di fidelizzazione?

Se sono veri… tantissimo!

In che modo un consulente può affiancare e sostenere l’azienda nelle strategie di fidelizzazione?

Lavora sulla definizione delle priorità ed è molto efficace nel condividere esperienze. La fidelizzazione é sui clienti e non sul mercato, non è merceologica: è più importante conoscere i clienti che conoscere quello che vendi.

I supporti digitali hanno posto al centro parole come customer care, costumer journey, customer experience. Quale equilibrio tra esperienza on line e rapporto diretto con il cliente?

È complicato, nel senso che le due cose devono viaggiare in un rapporto molto stretto. Non si può pensare di fare una cosa a prescindere dall’altra. Anzi, probabilmente il fatto che si usi sempre più il digitale, comporta una attività sempre più raffinata della parte relazionale. Non è un caso che ci sia un incremento del selling ceremony proprio in questo periodo.

Quali sono le caratteristiche del cliente fidelizzato? Quando possiamo dire di “avercela fatta?”

Mai! Io utilizzo la frase che recita: “Un cliente insoddisfatto è un cliente perso, un cliente soddisfatto non sarà mai tuo”.

 

 

 

[1] Davide Cavaliri, Un desiderio chiamato Retail. Strategie e ispirazioni per conquistare la mente e il cuore dei clienti dai babyboomer ai nativi digitali, L’Artistica Editrice, 2019.

Per maggiori informazioni: http://bit.ly/UnDesiderioChiamatoRetail